Molti son capaci a parlare, molti meno sanno non fermarsi alle parole. Ci sono certe città, bellissime, che non hanno bisogno di fronzoli per farsi ammirare in tutta la loro bellezza pulita. Ci sono certe persone, bellissime, che non hanno bisogno di nulla, nulla da ostentare, nulla da dimostrare. Ci sono certe serate, rarissime, in cui il vino ha la capacità di incarnare e condensare in un bicchiere tutto quello che ti succede intorno e dentro, come sapesse vedere, come sapesse vederti. Non succede con nessuna altra cosa che si mangia o che si beve. E non dipende dal prezzo, dal tipo, da niente. Dipende da lui, lui sceglie, lui ti sceglie, oserei dire.
Capita quindi di imbattersi in certi vini, verissimi, che mostrano semplicità mentre nascondono profondità, che ti lasciano ricordi senza avere stelle su una guida, che si fanno sentire restando in silenzio. Fatti.
Non c’è quindi bisogno di un ventaglio di aromi chissà quanto ampio, basta una marmellata di frutti di bosco rossi, ma appena sbocciati. Pout-pourrì da centro tavola di Natale, poi qualcosa di resinoso ma quel tanto da sentirlo proprio mentre ti sfugge.
In bocca è un sorso pieno, succoso, non opulento ma concesso. Trama tannica decisa ma altrettanto decisamente fusa da risultare fluida al passaggio, lasciando il segno senza marcare. Una compostezza quasi da dizionario, spinta alcolica importante ma magistralmente sorretta da un corpo che sembra di pietra, come tutto ciò che da queste parti ci circonda.
Se ne va via rapido dal bicchiere, rimane molto in bocca, ancor di più lo farà nella testa e nel cuore. L’amore, è una cosa semplice cantava qualcuno.
Whyne 