Arriva quasi a mezzanotte … Barolo Monfalletto 1988, Cordero di Montezemolo


La linea 04 dell’autobus passava tutte le mattine verso le 7.45 e portava un ragazzo a scuola per quello che era il suo ultimo anno delle medie. Di lì a pochi mesi sarebbe partito per il suo primo viaggio intercontinentale e l’emozione già saliva anche se mancava ancora tempo. Van Basten e Kohler avevano appena finito di stampare nella mente di tutti le immagini di un duello straordinario nell’Europeo di calcio. Passati pochi giorni dalla morte di Enzo Ferrari, le rosse tornavano a vincere il Gran premio di Monza, dopo nove anni dall’ultimo successo in casa. Proprio lo stesso anno nel quale divenne operativo il Decreto Ferri sui limiti di velocità in autostrada. Era il 1988.

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Forse tutti loro ignoravano che qualche grado di latitudine più a nord di Roma, in quella stessa mattina di fine settembre in cui un ragazzo di periferia con i primi occhiali andava a scuola su un autobus della linea 04, in cima ad un Bricco nel Comune di La Morra, qualcuno stava raccogliendo grappoli maturi di nebbiolo.

Prendo il cavatappi e mi avvicino con un leggero senso di timore e mistero alla bottiglia. Non riesco a non guardare quella data impressa sull’etichetta ancora perfettamente integra, non riesco a non pensare come non sia la semplice apertura di una bottiglia, ma un’operazione che chiede rispetto verso un lavoro, come scartare un regalo prezioso tramandato dal tempo. Mi ricorda quella volta al Louvre davanti ad Amore e Psiche di Canova. O di come ti vien voglia di alzare la testa per vedere la cupola di S. Pietro. E le punizioni di Platini.

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Ho un po’ di timore, non è un barolo del sud, in linea generale più indicato per questo tipo di invecchiamento. Per quanto di ottima casa, nasce pur sempre nel Comune di La Morra, cerco l’eccezione che confermi la regola, con la paura strisciante di essere arrivato con qualche anno di ritardo. Speriamo.

Ma l’inizio è confortante. La capsula è intatta, anche dura da tagliare. La superficie del tappo è pulitissima, nessun segno di muffa, ma il cavatappi affonda con tanta, tanta facilità, il tappo è estremamente morbido, troppo morbido. Tanto è vero che si rompe a tre quarti, ma fortunatamente riesco ad estrarre entrambi i monconi senza farli cadere nella bottiglia. Mi sa che sono arrivato in tempo, ancora un po’ e ‘sta bottiglia andava.

Ne verso un filo in un calice, sono le 16.30. Unghia aranciata, figurati, ma pensavo ben oltre. Naso chiusissimo, tappato, raccolto, spaventato, servono attesa e pazienza. Ma ne assaggio un po’ e mi tolgo subito il dubbio: integro, assolutamente integro, nessun segno di ossidatura. 30 anni, non sono molti i vini nel mondo a riuscirci.

Non lo scaraffo, il manuale AIS è su al secondo piano in una libreria, chiuso. Vado a istinto. Non lo scaraffo, la bottiglia è bella tanto quanto il suo contenuto e non voglio relegarla ad un ruolo da comprimario, la voglio vicino a me. Lo verso nei calici che sono quasi le 22.00, due dita abbondanti di rosso rubino intenso, denso. Stupore, colore pieno, unghia leggera e rugginosa ma nemmeno tanto come se ti stesse sfidando dicendoti: ne avrei ancora, ma non hai avuto la pazienza di aspettarmi oltre.

Impatto olfattivo decisamente intenso ma ancora molto verticale, poco ampliato, ventaglio chiuso. Nulla che si discosti da fiori rossi scuri appassiti, pepe. La bocca invece è subito piena e succosa, marchio di fabbrica inconfondibile dei barolo. La riempie tutta anche con due gocce, ha una capacità di espansione senza pari. Il corpo inizia a cedere all’età ma riesce ancora a non sbilanciarsi, l’impatto alcolico delle 16.30 è un lontano ricordo, ora è amalgamato e fuso anche se si sta facendo più esile. Ad aspettarlo ancora, si rischierebbe. Modesta freschezza residua, come era lecito attendersi, ma ce ne è ancora, fine e piacevole trama tannica, piacevolmente astringente … da la sensazione di essere ancora vivo, in movimento, cammina.

L’ultimo bicchiere, quando suonava quasi la mezzanotte, è semplicemente memorabile. A quasi otto ore dall’apertura della bottiglia inizia finalmente a concedersi, in tutti i suoi aspetti, dispiegando il suo immenso potenziale. Note di cioccolato fuso e cuoio, sempre condite da toni piccanti e geranio carnoso, accompagnano un sorso voluttuoso e ben fuso, omogeneo. Lunghissimo, come gli anni che porta. Piace anche a chi di solito non beve.

A scegliere un vino buono possono riuscirci, leggendo o con un po’ di fortuna, tutti. Il difficile è consumarlo bene, lasciandogli il tempo di cui ha bisogno. Non è lui che deve adattarsi a noi, siamo noi a doverlo fare.

Chissà se pensavo a queste cose, su quell’autobus della linea 04, trent’anni fa.    

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