Ci sono momenti, specialmente serate, nei quali capisco il senso del mio amore per la cucina o l’enogastronomia in genere. Ci sono momenti, specialmente brutti momenti, nei quali mi sento sopraffatto dallo scorrere della vita, dalle imposizioni esterne, da tutte quelle contingenze che mi fanno perdere il controllo su quello che ritengo più caro e raro: il mio tempo.
In questa lotta impari nella quale, appunto, tento di rubare tempo al tempo, la cucina è un valido alleato. La cucina non come nutrimento fine a sé stesso, ma nemmeno come significato culturale nel senso snob del termine, piuttosto la cucina come tempo, come riflessione, come pausa, come attesa, come concentrazione spontanea e informale sui sapori, la storia, la passione dei produttori e su tutto quello che mettiamo in bocca. Ecco, la cucina come scoperta, e cosa c’è di meglio del nuovo, dell’ignoto e del dubbio, per combattere il tempo?
Se poi davanti a me c’è un bicchiere che, in maniera particolare, incarna questo certo senso di isolamento e di astrazione, quasi di meditazione, allora il tutto prende un senso ancora più compiuto. Mario Soldati scriveva che per apprezzare i vini dell’Etna sarebbe meglio concentrarsi sui rossi, in quanto la macerazione sulle bucce porta nel vino, in dosi massicce, tutte quelle polveri volanti che sua maestà il vulcano lancia nell’aria. Così, un vino rosso dell’Etna è sempre giocato sulla linea di demarcazione fra il volgare e il gusto particolare, fra l’eccessivo e il sorprendente.
Il Valle Galfina Etna Rosso di Scilio (annata 2013, badate bene, non sarà dettaglio di poco conto) è capace di essere ben lontano dalle zone del volgare e, anzi, di presentarsi quasi come un vino che il vulcano ha colpito solo di striscio. Vino biologico (la cantina è stata certificata nel 2012) da nerello mascalese, si presenta inaspettato già dal colore, un bel rosso rubino quasi virato sul granato. Il naso è piacevole, mora, rosmarino, foglia di pomodoro e un side-aroma di polvere pirica, di pietra in polvere. La bocca sorprende, il sorso è estremamente slanciato e sviluppato, senza asperità, caratterizzato da un passaggio in legno in alcuni tratti abbastanza evidente. L’annata 2013, calda, ha fatto il resto conducendo ad una maturazione decisamente importante, e infatti il contenuto glicerico è decisamente poco timido dopo l’assaggio. E’ una sensazione che non disturba, peraltro abbastanza ben bilanciata da una finale vagamente amaricante, sulla quale anche l’azienda sta lavorando se è vero che dalla vendemmia 2014 sono state abbandonate le barrique a favore di botti grandi di rovere francese.
Un vino quindi in movimento, decisamente da seguire, che già regala oggi bei momenti ma che, domani, potrebbe regalarne di meravigliosi. Peraltro, e non guasta mai, a due lire del vecchio conio.
Altro bel colpo degli amici di Svinando.
L’ha ribloggato su vinidisicilia.
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Un buon bicchiere di vino lenisce l’animo, bere bene per gustare meglio! Complimenti per gli articoli,65Luna
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