Tempo di fine anno, tempo di classifiche. La mia personale del 2015. Piccola legenda dei punteggi:
- 4 bocconi di coda alla vaccinara: il massimo per un vino rosso, roba da sturbo (con un occhio al portafoglio). Insomma, il classico vino da portare su un’isola deserta (insieme, naturalmente, a colei che lo ha prodotto)
- 4 tranci di tonno, cotto come si deve: il massimo per un vino bianco, roba da sturbo (ma stavolta mi sono dimenticato di guardare il portafoglio). Insomma, il classico vino da portare su un’isola deserta (insieme, naturalmente, a colei che lo ha prodotto, a patto che non sia gelosa di quella che ha prodotto il rosso)
- 4 pezzi di porchetta, con crosta e spago annessi: il massimo per una bottiglia di bollicine, roba da sturbo (con un occhio al portafoglio). Insomma, il classico vino da portare su un’isola deserta (per brindare con le due di cui sopra e non farle litigare troppo)
- Sorpresa dell’anno: quello che proprio non mi aspettavo e, invece, eccolo là. L’inizio di una lunga storia.
- Dove alla fine torno: giro, sperimento, apro, mi innamoro…ma alla fine torno sempre da lei.
- Delusione dell’anno: della serie, magari a berlo tutti i giorni, però mi ha lasciato un dubbio. Ma gli diamo un’altra possibilità, no?
E quindi, eccoli qui:
4 bocconi di coda alla vaccinara: Pari merito fra il Cannonau Sa Scala 2012 di Roberto Pusole e il Barolo “Ginestra Casa Matè” 2011 di Elio Grasso. Su questo cannonau io non ho più parole, dico solo una cosa: crea assoluta dipendenza, prima di aprirne una bottiglia, assicurarsi di avercene un’altra. Eleganza e personalità fuse insieme, a demolire qualsiasi preconcetto su questo vitigno. Cartolina dell’Ogliastra a un prezzo i-m-b-a-r-a-z-z-a-n-t-e. Ma il primo amore non si scorda mai e quindi al primo posto ex-aequo ci metto un gran barolo, denso di maestosità, austerità e complessità. Il 2011 è decisamente troppo vicino per non renderlo, oggi, un vino più di potenzialità che di attualità, ma quanto mi è piaciuto ….
4 tranci di tonno, cotto come si deve: Corton-Charlemagne Grand Cru, Domain Dublere, 2008. Temo mi stia succedendo qualcosa, anche l’anno scorso il miglior bianco fu un francese….Ma cosa gli posso dire? Non è mica facile arrivare un giorno uno dietro un magnifico Barolo riserva 2007 di Cavallotto e lasciare il segno. Non è mica facile portare il nome di un Imperatore e confermare tutta la potenza e l’autorità che questo lascia immaginare. Non è mica facile portare in etichetta la definizione Grand Cru e rappresentare l’esempio di cosa questo significhi. Non è mica facile sfiorare i cento euro a bottiglia e meritarseli senza se e senza ma. Non è mica facile, questo ce la fa con una naturalezza sorprendente. Ti piazza nel naso un mazzo di fiori di campo, un bel po’ di gesso che tiri su quando li strappi dal terreno e una candela di citronella. Bocca esplosiva, tutto tarato sul vertice alto della scala, sia sapidità, sia freschezza, sia equilibrio. Persistenza didascalica, difficile da trovare anche in un rosso. Calibrato dall’inizio alla fine, compostezza da dizionario.
4 pezzi di porchetta, con crosta e spago annessi: Ca’ del Bosco Vintage Collection Satèn 2009. Aridaje. Come lo scorso anno, ma che devo fare? Ricopio pari pari quanto scritto lo scorso anno, perché quello è. Naso classico Franciacorta Satèn, frutta croccante, pizza appena impastata e in piena lievitazione, fiore bianco. Bocca preziosa, una cucchiaiata di mousse, un boccone pieno, masticabile. Elegantissima nota di ananas, il frutto è un po’ più dolce che al naso, poi una piacevolissima e sorprendente firma di nocciola tostata. Va giù che nemmeno l’acqua dopo la maratona di New York fatta due volte, avanti e indietro, il giorno di ferragosto. Va giù ma non se ne va, rimane in bocca, nel cuore e anche un po’ sull’estratto conto della carta di credito. Ma chissenefrega, ne stappo un’altra. PS. E’ passato un anno ma lui non se ne è proprio accorto.
Sorpresa dell’anno: Vallone di Cecione, Chianti Classico 2012. Oh, eccolo. La bottiglia che mi fa essere felice di essermi appassionato al vino. Qualità e piacevolezza a un costo i-m-b-a-r-a-z-z-a-n-t-e, come sopra. Beva che crea dipendenza, equilibrio impeccabile, freschezza da vendere, vino da comprare.
Dove alla fine torno: Karmis, Tenuta Contini. E meno male che i matrimoni, oggi, sono in crisi. Questo blend di vernaccia e vermentino continua a darmi piacere e soddisfazione, nonché a farmi fare bella figura perché piace a chiunque lo faccio assaggiare, indipendentemente dai gusti.
Delusione dell’anno: Cervaro della Sala 2012, Antinori. Se scrivessi che non mi è piaciuto, direi probabilmente una falsità. Lo ho definito straordinario e lo rifaccio anche qui. Più che altro è che, sarà una mia fissa, ma quando bevo Antinori ho sempre l’impressione di avere a che fare con vini poco diretti, poco “italiani”, costruiti (salvo in questo senso il Santa Cristina). E poi, a quel prezzo, qualcosa che mi piace di più lo trovo … anche in confezione da 6.