Tutti a parlare di costruzione del marchio, di brand positioning, di corporate identity, di portare il nome Franciacorta nel mondo…e poi succede che apri una bottiglia. Ma mica una bottiglia qualsiasi, apri una bottiglia che potrebbe e dovrebbe essere vetrina del metodo Franciacorta, una Ca’ del Bosco Vintage Collection Satèn del 2009. E sulla retro etichetta trovi scritto “degorgiato”. Ma “sboccatura” proprio no eh? Ecco, su questo i francesi sono avanti anni luce rispetto a noi. Ditemi che sbaglio, vi prego.
Vabbè, apriamo dai e dimentichiamoci di tutto.
Perché poi di un vino straordinario stiamo parlando (e allora sta cosa del “degorgiato” mi fa arrabbaire ancora di più, visto che la bottiglia non soffre e non deve soffrire di complessi di inferiorità con nessuno). Naso classico Franciacorta Satèn, frutta croccante, pizza appena impastata e in piena lievitazione, fiore bianco. Bocca preziosa, una cucchiaiata di mousse, un boccone pieno, masticabile. Elegantissima nota di ananas, il frutto è un po’ più dolce che al naso, poi una piacevolissima e sorprendente firma di nocciola tostata. Poi mi ricordo che ha fatto quattro anni sui lieviti e mi dico: ma quale sorprendente. Il momento giusto per aprirlo, sembra all’apice. Va giù che nemmeno l’acqua dopo la maratona di New York fatta due volte, avanti e indietro, il giorno di ferragosto. Va giù ma non se ne va, rimane in bocca, nel cuore e anche un po’ sull’estratto conto della carta di credito. Ma chissenefrega, ne stappo un’altra …