Georges Duboeuf, Crozes-Hermitage 1995


Hai 19 anni, mi ricordi me alla tua età. Torno  a parlare di età, proprio adesso che cerco di convincere che l’età non conta, che viene dopo, che è venuta dopo, che non lo sapevo, che non me ne frega niente.

Hai 19 anni, mi ricordo di me alla tua età. Tanta paura ma una luce in fondo, tanti dubbi ma un istinto fondo, tanta incertezze e una scommessa: me.

Hai 19 anni e non si sentono, come non sentivo i miei. Non ora, che ne vorrei altrettanti con l’esperienza di adesso, che vorrei quella sfrontatezza con il cuore di adesso, che vorrei quel coraggio irrispettoso e non il dovere di adesso.

Hai 19 anni, ma i tuoi contano di più di quelli di un uomo. Mi hanno sempre dipinto come uno responsabile, più grande della sua età. Basta, vorrei essere come te, che hai 19 anni e ne dimostri molti di meno.

A guardarti, e non sai quanto vorrei farlo ancora, qui, ora, non dimostri nulla del tuo tempo che è stato e che per questo non conta. Ad annusarti, non finisci mai. E mi rimarrai dentro, chissà per quanti giorni. Ad assaggiarti è amore, istinto, notte.

Il tappo è in pessime condizioni, riesco a toglierlo non senza fatica che si sbriciola sotto le mie mani. Temo sia rovinato,  non lo è, basta avvicinare il naso al collo della bottiglia.

Vederlo nel primo bicchiere è una grande sorpresa, rosso granato non pienissimo, ma nessuna traccia di aranciato nemmeno sull’unghia slavata. Consistente di una vivezza residua importante, 19 anni sembra poterli reggere.

Il naso è il miglior riassunto della ricerca del tempo perduto di Proust. Un tuffo nel passato, in una di quelle drogherie di paese che non si vedono più, con i pensili di legno e dentro il tabacco, con le latte di alici davanti al bancone, di quando andavi a comprare le sigarette a tuo padre. La prima idea che mi viene in mente è la mortadella, tanto la carne, il pistacchio e soprattutto il pepe salgono in aria. Poi una salamoia clamorosa, inebriante, o ami o odi. Intorno gira un po’ di pout-porri, frutta e fiori, ma è volume, insieme a vaniglia.

La bocca ti sorprende, ma più da un punto di vista tecnico che emozionale. Questa freschezza non te la aspetti, né all’attacco né in chiusura, dove si gioca il ruolo del ricordo con una sapidità notevole, continuità della salamoia di prima. Tannini ancora presenti, levigati dal tempo  ma non elegantissimi. Il tutto è perfettamente equilibrato da una fodera di morbidezza rilevante.

Coda lunghissima. Poteva stare ancora, molto, ma da la sensazione di essere all’apice.

Vorrei esserci anche io.

 

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4 risposte a "Georges Duboeuf, Crozes-Hermitage 1995"

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