0, all’impianto audio dello Stadio Olimpico: quando sembra fare schifo, ti sorprende e la volta dopo si sente ancora peggio. Inammissibile non riuscire ad ascoltare l’inno dell’Irlanda.
1, alla presenza su twitter della Federazione Italiana Rugby: twitter non serve solamente per comunicare i risultati, serve soprattutto per ascoltare gli utenti e interagire. Siamo ancora lontani anni luce da un utilizzo corretto dello strumento, qui è solo “apriamo un account perché pare ce l’abbiano tutti”.
2, alla Francia: ultimo posto nel torneo e prestazioni scadenti. La delusione del torneo.
3, al rapporto qualità/prezzo del terzo tempo Peroni: passi il costo alto (uguale a quello dei banchi sul lungotevere) ma non si può sorvolare su pane vecchio e scadente, anche tenuto conto che non c’è alternativa, fatta eccezione per le patatine.
4, al marketing della FIR: un paio di stand montati in un paio d’ore per vendere prodotti ufficiali Adidas a costi elevatissimi (come in un negozio, del resto). File e resse, gente che non compra e nemmeno l’ombra di prodotti carini a prezzi abbordabili. Chi crede non si possa fare in altro modo si faccia un giro negli altri stadi del Sei Nazioni.
5, ad Andrea Masi: a mio avviso decisamente sotto tono per gran parte del torneo. Speriamo non abbia fatto il suo tempo.
6, al pubblico italiano: partecipazione non massiccia, mi riferisco soprattutto alla partita con il Galles. Ma la cosa più spiacevole sono i fischi al momento dei calci di punizione, abitudine che sta diventando moda. Fermiamoci.
7, alla Scozia: assieme all’Italia, la sorpresa del torneo. Così impariamo a considerarla una cenerentola.
8, al Galles: dopo la prima sconfitta tutti lo davano per morto. Invece vincono il torneo e stravincono la partita decisiva con l’Inghilterra, in chiaro debito d’ossigeno (si era visto anche contro l’Italia nel turno precedente).
9: ai trequarti azzurri: finalmente di livello internazionale, da oggi l’Italia non è più solo cuore, determinazione e difesa.
10, a Brunel: l’ho scritto più volte e non voglio ripetermi. Ero un Mallettiano convinto, ma Brunel ha fatto fare un salto di qualità straordinario. Chapeau, anche a chi l’ha fortemente voluto.
Fuori classifica, il Barone Andrea Lo Cicero. Ci saluta, avendo fatto il suo tempo ma, soprattutto, avendo fatto la storia del rugby in Italia.