#Rugby #testmatch Italia-Australia


C’è stato un momento in cui ho pensato: stai a vedere che sono stato a vedere l’Australia a Firenze con due anni di anticipo. In fondo, è andata proprio così. Nel test match di due anni fa, l’Australia mi impressionò particolarmente per ritmo e velocità, forse più di quanto hanno fatto gli All Blacks sabato scorso.
La differenza, credo, sta tutta nell’Italia, una formazione decisamente cresciuta a mio avviso sotto il punto di vista della tenuta psicologica nell’arco degli ottanta minuti. Un primo tempo concluso in svantaggio non tanto per colpa della meta subita, quanto per colpa dei cinque calci di punizioni subiti. Roba che subirne cinque in una partita intera significa esser stati indisciplinati.
E invece che succede? Che l’Australia nel secondo tempo non si muove dai 22, sia nel senso di metri della propria area, che nel senso del punteggio acquisito nel primo tempo. L’Italia è arrembante, spietata al placcaggio, abile nel recuperare palla e insolitamente presente con i trequarti. Parisse è un altro uomo rispetto al giocatore frastornato del primo tempo e Castrogiovanni guida per 62 minuti, tempo rarissimo per un pilone, una straripante mischia italiana. Orquera è in forma smagliante, penetra e apre, calcia e passa, centra i pali. Tranne nell’ultimo calcio, quello decisivo, quello in cui ti tremano le gambe perché è un calcio per un pareggio storico. È in fondo questo quello che ancora manca a questa squadra, l’ultimo briciolo di coraggio, l’ultima alzata di sfrontatezza. In fondo va bene così, grazie.
Nota di merito, fuori dal gruppo, per un Gori in forma splendida e lucidità vista raramente.

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