Impanicata perché avevo finito i libri che mi ero portata in vacanza, ho comprato al supermercato di Olbia (librerie non ce n’erano, nei dintorni) questa raccolta di racconti di Ammaniti. Lo conoscevo da “Fango”, non mi aspettavo nulla di diverso, ma neanche me lo aspettavo così ripetitivo. Non solo nelle braccia staccate e nelle spine dorsali afferrate da pazzi dimenticati da Dio e dalle nonne, ma anche nello stile: se si esclude qualche tentativo di svolgere il racconto alla seconda persona singolare, la voce è sempre la stessa, pagina dopo pagina. Stesse similitudini fantasiose, simil-postmoderne: troppo fantasiose, simil-postmoderne!
E poi alcune ripetizioni: l’intestino che è stato operato e che è più corto di un paio di metri, la cameriera filippina che ha sempre lo stesso nome… mi sono persa io qualcosa e si trattava di racconti legati tra loro??
Insomma, ho faticato per arrivare alla fine e se ho visto…
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